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CHE FINE HA FATTO LA GREEN ECONOMY?


di S. C.


C’era chi nel bel mezzo della crisi mondiale aveva intravisto la salvezza in una trasformazione del concetto di profitto perché di fronte ad un imminente tocco del fondo del barile si pensava che con slancio inedito da quel fondo si poteva risalire di corsa attuando le idee emergenti della green economy.

Non è stata solo la speranza di alcuni visionari visto  che è proprio il presidente Obama nel 2009 proporre una serie di misure economiche “verdi”, sia nel pubblico che nel privato, per rilanciare l’America in piena recessione.

Precisiamo subito che la green economy non è un qualcosa da figli dei fiori, una visione avuta in qualche trip lisergico ma  è un modello teorico ben strutturato con salde fondamenta econometriche che si prende cura del PIL tenendo sempre ben d’occhio la sostenibilità del sistema, infatti uno dei capisaldi di questa teoria è che l’attuale impatto ambientale della cosiddetta economia nera (cioè basata sullo sfruttamento di risorse come il carbone, il petrolio e gas naturale) crei ciclicamente meccanismi di retroazione negativa sul PIL stesso e che quindi scarichi il peso degli effetti negativi sui bilanci statali riassumibili in pochi concetti: danno ecologico su agricoltura e pesca, effetti negativi su turismo, costi della salute pubblica, disastri ambientali; per non parlare poi degli effetti apocalittici che si ripercuoteranno in tutto il mondo quando i combustibili fossili si esauriranno.
Tutto ciò verrebbe evitato appunto dalla green economy che attraverso misure legislative, economiche, tecnologiche ed educative ottimizzerebbe le economie dei mercati  semplicemente aumentando l’efficienza energetica sfruttando le risorse rinnovabili, riciclando al massimo ed evitando sprechi dispendiosi di materiali.
Non un economia che non consumi, si badi bene, ma che consumi differentemente e volendo anche di più ,producendo ricchezza attraverso i lavori verdi  ovvero l’indotto che una vera industria verde comporterebbe.
Nonostante l’intervento di Obama però la green economy non decolla e le automobili vanno ancora a benzina. 
È pur vero che molti governi mondiali hanno istituito incentivi a motivare le imprese a diventare “verdi”  ma i meccanismi del mercato globale, del WTO e delle banche , sembrano proprio essere incompatibili se non addirittura allergici a questa “cura”.
Detto questo ci si prepara alla conferenza ONU sui cambiamenti climatici di Parigi (il COP21)con dati alla mano non molto ottimistici, sicuramente molto meno di quanto lo saranno i fiumi di chiacchiere inconcludenti che verranno profuse.
Infatti secondo alcuni autorevoli think-thank come il Global Footprint Network e la New Economics Foundation che analizzano i dati sull’ambiente della macroeconomia globale lo scorso 4 settembre l’umanità ha utilizzato in soli 9 mesi il 100% delle risorse che il pianeta produce in un anno.
Questo trend negativo ed insostenibile che parte dagli anni ’80 peggiora di anno in anno e come già evidenziato dall’ONU, la popolazione mondiale alla fine di quest’anno solare avrà consumato le risorse dell’equivalente di 1,6 pianeta Terra e nel 2050 di terre ne serviranno due…ma ovviamente ne abbiamo solo una.
Per evitare le catastrofiche conseguenze bisognerà ripensare da subito il nostro modo di essere e vivere su questa terra senza aspettare che la cincischiante classe politica mondiale ammonisca se stessa e si auto esorti in dispendiosi convegni che si concludono non certo a tarallucci e vino, ma ad ostriche e champagne.
Le rivoluzioni che questo sistema mondiale ci impone di fare sono tante e la rivoluzione verde è quella che le ingloba tutte, la più giusta, la più equa e parafrasando JFK non sarà chiedendo cosa il pianeta possa fare per noi ma bensì chiedendoci cosa noi possiamo fare per la Terra che la vinceremo.

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