MAMMUT SARANNO CLONATI A BREVE MA CHE NECESSITA C’E’?

Di S.C.


Il ritrovamento di un esemplare quasi totalmente conservato fra le nevi della Siberia nel mese di maggio del 2013 ha messo a disposizione degli scienziati inaspettate quantità di DNA, addirittura rinvenuto fra i tessuti sotto forma di sangue.
Dopo quasi due anni il professor George Church, genetista di Harvard,  è riuscito con una nuova tecnica a ricreare in laboratorio cellule di Mammut. Essendo l’ estinto stretto parente dell’elefante asiatico non c’è stato bisogno ricreare nuove cellule ma è bastato inserire certe parti del codice DNA in cellule esistenti  del pachiderma asiatico.
Ciò permetterebbe di creare non copie esatte dei giganteschi mammiferi estintisi più di 3000 anni fa, ma un nuovo mammut già adattato alle nuove necessità contemporanee per essere poi reinserito nella fredda tundra siberiana.
Affinché ciò si realizzi  bisogna risolvere qualche problema di carattere etico come giustamente affermato dal dottor Toni Herridge del Natural History Muesum di Londra, l’anatomista infatti si chiede se i tentativi per giungere alla clonazione di mammut  siano dei validi motivi per la sofferenza che gli esperimenti provocheranno all’elefantessa mamma “surrogata” , causando gravidanze di 22 mesi  che potrebbero rivelarsi un fallimento e un nocumento alla sua stessa salute.
Rincara poi la dose il Professor Alex Greenwood , un esperto di DNA antico, che l’eventuale creazione di nuovi e più adatti mammut potrebbe provocare l’estinzione degli elefanti e si chiede “perché riportare in vita elefantidi  estinti se poi non riusciamo a tenere in vita quelli non estinti?”
Ma quali sono le motivazioni della scienza? Che bisogno ha oggi la terra di mammut?



Oltre alle spinte narcisistiche del establishment scientifico di testare continuamente i propri limiti vi sono teorie, come quella del dottor Sergej Zimov, che vedono i redivivi pachidermi pelosi come pietre fondamentali per la ripopolazione della tundra nord asiatica e quindi per la salvaguardia del clima mondiale (!)
La tundra e gran parte delle taiga erano una volta praterie erbose conosciute come le steppe dei mammut, un ecosistema ricco di antilopi, cerci, bovini, cavalli e ovviamente mammut. Alla fine del pleistocene (circa 12.000 anni fa) queste mandrie sono scomparse provocando la dissoluzione del manto erboso che faceva da vero e proprio isolante per il ghiaccio del permafrost della sottostante tundra, il ghiaccio sciogliendosi avrebbe rilasciato gas serra intrappolati da centinaia di migliaia di anni. Zimov inoltre sostiene che la reintroduzioni di pascoli riconvertirebbe la tundra in prateria e ricatturerebbe i gas dall’atmosfera.
Teoria affascinante, sicuramente più di quella che vede nella risurrezione guidata dei mammut un abile manovra dell’industria alimentare mondiale per far fronte ai nuovi fabbisogni dell’inarrestabile crescita demografica.
A quando nuovi hamburger di mammut nei fast-food?



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