CITTA’ SEGRETE /2 – GRAND CANYON

di S.C.

Alcuni archeologi finanziati dallo Smithsonian Institute descrivono per filo e per segno sulle pagine dell’Arizona Gazzette nel 1909, il ritrovamento di una città nascosta all’interno del Gran Canyon parlando di evidenze straordinarie e impossibili come mummie dell’antico Egitto, geroglifici e statue scolpite nella roccia che assomigliano incredibilmente a Buddha.
Cosa c’è di vero? Perché da allora non se ne è più parlato? Come mai i due autori della scoperta sono svaniti poi nel nulla?
Era il 5 aprile del 1909 quando sulle colonne del giornale di Phoenix, Arizona  appare la relazione che tale mr. G.E. Kinkaid, archeologo Smithsoniano fa del suo viaggio sul fiume Colorado  assieme al professor Jordan , anch’egli del suddetto istituto, dalla cittadina Green River nel Wyoming  fino Yuma , alla ricerca di minerali (così si doveva chiamare la caccia all’oro nel Grand Canion da quando Roosvelt lo trasformò in foresta nazionale nel 1908 proibendola de facto). Una descrizione lucida e dettagliata del ritrovamento di una caverna a circa 42 miglia dall’ El Tovar Canyon, con centinaia di saloni forniti di sistema di ventilazione collegati tra loro da passaggi cesellati e scolpiti come potrebbe solo la moderna ingegneria, capaci di ospitare secondo Kinkaid fino a 50.000 abitanti.

A circa 30 metri dall’ingresso sempre il Kinkaid descrive il ritrovamento “di un idolo o di un dio seduto con le gambe incrociate, con un loto o un giglio nelle mani. La forma della faccia è orientale ed è scolpito nella roccia della caverna. L’idolo ricorda Buddha e le caratteristiche religiose ricordano i costumi dell’antico Tibet” e ancora “tavolette di pietra con misteriosi geroglifici”.
Si parla poi di una cripta piena di mummie maschili che ricordano quelle dell’antico Egitto che il professor Jordan entusiasticamente “crede che si proveranno essere di incalcolabile valore per gli studi archeologici” dimostrando collegamenti impensabili fra civiltà dei faraoni e quella nordamericana.

Quell’edizione del 05 aprile 1909 diede ampio risalto alla notizia affermando anche che “sotto la guida del prof. Jordan, lo smithsonian Institute sta conducendo una completa esplorazione fino a che anche l’ultimo anello della catena verrà ricostruito” ma da quel giorno mai più nessuno se ne interessò e le tracce dei due esploratori si persero per sempre.
Forse l’articolo era solo un falso per aumentare le vendite? Forse, ma allora ci si sarebbe aspettati ulteriori reportage per continuare a sfruttare la storia immaginaria. Forse era un sistema per incoraggiare l’esplorazioni nella zona ed aumentare il turismo? Difficile pensarlo visto che il presidente Roosvelt nel 1908 ne fece un parco nazionale proibendo di fatto ogni attività non monitorata.
Un bel mistero non c’è che dire anche alla luce delle dichiarazioni telefoniche riportate sul libro “Suppressed Inventions” di Johnathan Esien del 1999 da parte dell’istituto Smithsonian che sostengono “che nessuno artefatto egiziano è mai stato scoperto in nord o sud America e che perciò l’istituto è mai stato coinvolto in scavi del genere” disconoscendo il Kinkaid e il professor Jordan.
Se effettivamente fosse così perché l’istituto in un secolo non hai mai preso le distanze dai fatti in modo ufficiale? Forse per non agitare troppo le acque e sollecitare nuove esplorazione che sovvertirebbero tutti gli insegnamenti accademici?


Per stimolare ancor di più la curiosità del lettore Kinkaid lascia in chiusura dell’articolo la dichiarazione più sinistra: “c’è un’unica stanza non ventilata e quando ci siamo avvicinati un odore mortale e rabbioso ci ha assalito. Le nostre luci non ne hanno potuto penetrare l’oscurità e finché non ne avremo di più potenti non sapremo cosa contiene la stanza. Qualcuno di noi pensa ci siano serpenti altri che vi siano gas o sostanze chimiche usate dagli antichi (per forgiare i molti attrezzi di rame e oro riportati N.d.A.)(…) l’intero agglomerato sotterraneo da i brividi. L’oscurità è come un peso sulle spalle e le nostre torce e candele rendono il buio ancora più denso”


L'articolo originale del 05 aprile 1909

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