SCORDATEVI LE PIAZZE: LA POLITICA ORMAI SI FA AL SUPERMERCATO

di S.C.
Forse avremmo dovuto capirlo prima che la Democrazia si stava appiattendo sulle logiche del mercatismo. Era d’altronde già chiaro dagli anni ’80 ma allora quello che si cominciava a perdere in termini di valori civili, morali e, se vogliamo, anche religiosi veniva compensato dal potere che le carte di credito ci stavano cominciando a dare.
Abbiamo così barattato ideali , per carità a volte utopistici, con illusioni  momentanee, convertendo l’oro della Democrazia con una valuta in balia degli umori dei banchieri.
Se ce ne fossimo accorti per tempo, soprattutto noi Italiani, oggi non ci troveremmo in questa situazione così angosciantemente aleatoria, legata a fattori slegati dalla realtà,e non saremmo obbligati a rinunciare a conquiste frutto di annose battaglie sociali in cambio di un paio di punti di spread.


La Democrazia, quella degli antichi Greci, dei Comuni medievali, quella ha fatto vincere guerre impensabili da vincere contro i tiranni di tutte le epoche, la Democrazia quella che ti rende libero, ha perso nel lungo corpo a corpo con la legge del mercato ma non ai punti: possiamo ben d’onde chiamarlo K.O. tecnico. Il pugno fatale è stato quello della globalizzazione, fenomeno che ti fa sentire libero abitante del mondo mentre ti schiavizza e ti schiaffa al tappeto come cittadino prima e come uomo poi.
Così ci è rimasto solo il sapore mentre il boccone democratico non ci hanno nemmeno dato il tempo di mandarlo giù, ce l’hanno tolto dalla bocca e se lo sono pappato loro, i mercati.
Andiamo ogni due/tre anni ad espletare i nostri bisogni elettorali come degli automi, senza capire il senso umano (vittorioso e tragico) di mettere una croce su questo o quel partito. Lo si fa perché lo si deve fare, lo si fa come un riflesso pavloviano e siamo convinti (dalla TV) che stiamo facendo la cosa che determinerà le sorti dei nostri Paesi.  I vecchi sospetti di qualche visionario “sovversivo”  hanno smesso di essere tali, oggi ne abbiamo la conferma, l’Unione Europea sta dando ordini ai nostri governanti e i nostri governanti, se di destra di sinistra di sopra o di sotto poco cambia, obbediscono mansueti. Fin qui niente di male, d’altronde nel ’57 le firme apposte sul trattato di Roma che sancivano la nascita di una struttura sovrannazionale Europea (CEE) prevedevano una progressiva perdita della sovranità delle Nazioni a favore della creazione di un Parlamento Europeo eletto dal popolo. Il problema sorge però quando si capisce, dai fatti e non dalle opinioni, che l’Unione Europea è semplicemente una lega di banche (in maggior parte private) controllate da multinazionali le quali controllano e regolano i mercati globali, quindi nella fattispecie il Governo Italiano è in balia dei mercati.
Quindi se il nostro voto non determina più la politica nazionale, che facciamo? Ci rassegniamo ad aver abdicato il nostro volere democratico alle multinazionali?
Forse una via d’uscita c’è, difficilissima da intraprendere, idealista se vogliamo, ma c’è: cominciamo a fare politica al supermercato.
Non si vuole suggerire di allestire comizi fra gli scaffali dei centri commerciali, no. Quello che forse potrebbe costringere i mercati a virare rotta è proprio quello che loro ci costringono, col sorriso a fare: comprare, sempre, di più.
E allora cominciamo a farlo in modo non robotico, cerchiamo di attivare quei tanti neuroni che l’Evoluzione c’ha messo in testa e spendiamo i nostri soldi in modo da essere noi ad utilizzare il mercato e non viceversa, con la consapevolezza non siamo noi i  codici a barre  ma le cose che compriamo.
Per farlo ci vuole consapevolezza, chiarezza d’idee, informazione.
Che convenienza c’è a comprare cose e prodotti che nel breve ci fanno risparmiare qualche soldo ma nel lungo termine ci condannano a costi non solo materiali ma soprattutto sociali?
Conviene veramente comprare quella maglietta “made in nowhere” a qualche euro in meno se poi questa scelta è parte della causa per cui i laboratori “made in italy” chiudono i battenti uno dietro l’altro, creando disoccupazione, aumentando il fabbisogno del welfare e quindi provocando l’innalzamento delle tasse?
E’ davvero furbo comprare ai nostri bambini qualche capo d’abbigliamento “a meno” se poi questi sono prodotti senza alcun rispetto delle regole Italiane e siano dannosi per il sistema ormonale umano?
Comprereste voi quel bellissimo soprammobile che tanto vi piace e tanto ve lo invidierebbero i vostri amici se sapeste che a produrlo sono bambini sottopagati e sfruttati in orari di lavoro impossibili?
E’ veramente necessario che per farci avere l’ultimo modello di un famoso cellulare ci siano minorenni costretti a turni di lavoro di 11 ore ad 1,50 l’ora mentre noi indossiamo la maglia del Che?

Purtroppo le multinazionali hanno le mani in basta ovunque e ci coinvolgono nei loro loschi affari. Si, noi siamo coinvolti anche semplicemente mangiando una marca di cioccolata piuttosto che un al’altra, quindi se non vogliamo contribuire alla sovvenzione di qualche dittatore in Africa, se non vogliamo dare i nostri soldi a chi reinveste gli utili in armi e supporta guerre per venderle, se non vogliamo essere noi a ridurre letteralmente in schiavitù milioni di lavoratori (alcune piantagioni del Sudamerica usano squadre armate per controllare il lavoro) basta soffermarsi un po’ di più nello scegliere cosa comprare andando oltre la trappola del prezzo vantaggioso.
Che senso ha essere iscritti ai sindacati se poi siamo noi i primi sfruttatori? Che significato ha definirsi democratici se i nostri governi tollerano ancora il colonialismo? Perché perdere tempo a fare la differenziata dei nostri rifiuti se siamo noi con le nostre scelte di consumatori la causa di inquinamento più importante del globo?
Per fermare tutto ciò, non d’improvviso sia chiaro, ma con un po’ di tempo considerando che le resistenze dei mercati hanno mezzi ben più convincenti dei nostri, bisogna cominciare a riflettere  sul fatto che il consumatore non è l’effetto dei mercati ma è bensì la causa. Informiamoci. Pensiamo. Decidiamo noi.
Ci sono associazioni che lo fanno da anni e sono riusciti a smascherare i bluff e le malefatte di molti, si vedano ad esempio i report della campagna Detox di Greenpeace riguardo le responsabilità che colossi tessili mondiali e italiani che hanno delocalizzato hanno nel danneggiare l’ambiente e l’uomo in maniera grave.
Piegare il mercato si può, questo potere sono i mercati stessi a delegarlo ai cittadini è il "potere di comprare", impariamo ad essere consapevoli di questo, usiamo con responsabilità questo potere e invece di essere come dei batteri che distruggono una carcassa, potremmo essere fautori di una rivoluzione silente quella che trasformerà il mondo globale.
Al supermercato, al centro commerciale, negli shop on-line non basta più fare shopping low-cost, oggi dobbiamo lì esprimere il nostro voto.


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