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PANTELLERIA. L'essenza del mediterraneo fra bellezza e abbandono

L'ISOLA DALL'ALTO
di S.C.
Pantelleria sembra una terra incontaminata, con poche storie da raccontare e tutte pacifiche. Sembra un paradosso dove il tempo non solo si è fermato ma non è mai partito. Invece sull’isola c’è passato tutto il Tempo d’Europa dove ogni civiltà mediterranea, ogni casata Reale ha voluto dire la sua succedendosi nel conquistarla: Fenici, Romani, Vandali, Bizantini, Arabi, Normanni,Turchi, Svevi, Angioini, Aragonesi, Genovesi, Pirati, Spagnoli, Piemontesi, Austriaci, Borboni, Savoia, Mussolini ,Repubblica Italiana, tutti hanno voluto prendersela e poi dimenticarla.
L’isola di origine vulcanica, l’ultima eruzione è del 1891, è una roccia nera, appuntita, dall’apparenza ostile che spunta orgogliosa dalle acque  confortata dai rimasugli di un fioco vulcanesimo delle acque calde e dei soffioni di vapore subacquei.
Più vicina all’Africa (70 km) che alla Sicilia (110 km), nei tramonti più limpidi concede la visone esotica, immaginifica dei profili tunisini di Cap Bon.
La prima impressione approdando è quella di un tremendo abbandono, il porto, forse non all’altezza della quinta isola d’Italia per grandezza, rimane impresso solo per la presenza dei 65 metri dello yacht dello stilista Giorgio Armani, “santo” patrono di Pantelleria.
I venti che cambiano in continuazione rendono la rocciosa terra ancora più asciutta come se la prosciugassero: infatti l’isola è avara d’acqua dolce ed a rifornire le abitazioni ci pensano le autocisterne che fanno la spola continua con i centri di dissalazione dell’acqua marina.
Quasi assenti le infrastrutture perché come detto poc’anzi chi l’ha conquistata nel corso dei secoli ha piantato la bandiera e  Pantelleria l’ha  presto obliata. Mussolini sfruttò, brevemente, la posizione strategica nel cuore del mare nostrum costruendo un aeroporto dotato di un hangar stupendo scavato nella roccia, ma ciò all’isola portò solo le bombe alleate nel’43(operazione corkscrew) che provocarono ferite nelle case e fra i palazzi, ancora oggi visibili. L’ospedale risulta inadeguato da anni e nel marzo 2013 è stato addirittura chiuso il reparto di ostetricia costringendo le puerpere a partorire a Trapani, programmando il parto, o se in emergenza via eliosoccorso a Palermo.
La natura però ha fatto come sempre il suo dovere bilanciando l’inadempienza dell’uomo e donando a Pantelleria tesori meravigliosi.
Terre fertili che producono abbondantemente e genuinamente fanno dimenticare le secche rocce nere d’ossidiana delle coste, bagnate da acque annoverate fra le più belle del mediterraneo.
IL LAGO DI VENERE
Il lago di Venere, uno specchio d’acqua verde, fra i cui bassi fondali adagiati sul cratere di un antico vulcano sgorgano acque termali e fanghi naturali; il mito narra che la dea Venere ci si specchiasse nelle acque per confrontarsi con la bellezza di Psyche.
C’è poi la montagna “Grande” (836 mt. s.l.m.) che ospita specie animali e vegetali uniche e dalla cui sommità si può osservare la totalità perimetrale dell’isola e lo sconfinato mare che la circonda a perdita d’occhio.
La ricchezza della natura si riversa anche nella cucina pantesca, essenziale, con pochi grassi ricca di verdure e frutti dolcissimi, pomodori dal sapore perduto, il “cusscusso” (il cous-cous) il coniglio pantesco, il pesce spada (catturato alla maniera giapponese), il polpo preso dagli scogli, pesce azzurro che non viene commercializzato nel resto d’Italia,spezie, vino zibibbo e passito: una tavola imbandita che incrocia banchetti arabi da mille e una notte e simposi greci.

Le contraddizioni di Pantelleria tra arretratezza e opulenza e tra sopravvivenza e benessere si rispecchiano negli amabili panteschi, i cui occhi mentre ti sorridono trasmettono tutta la rassegnazione necessaria per vivere sull’isola, abbandonati dalle istituzioni ma baciati sulla fronte dalla natura, nei cui sguardi emerge la fierezza di chi sa di vivere un privilegio ma da cui scapperebbe subito, ricercando un futuro troppo spesso rimandato.

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